Professor Angelini, com'è cambiato nel tempo il modo di insegnare storia dell'arte e cosa è importante trasmettere ai giovani che si avvicinano a questa disciplina?
Certamente i modi di insegnare la nostra disciplina sono molto mutati nel tempo, anche solo negli ultimi anni. Solo per fare un esempio, forse il più appariscente, se vogliamo banale: una tecnologia molto più evoluta ci permette oggi di accostare fotograficamente le opere d'arte sul piano didattico in modo assai più dettagliato, rispetto agli anni in cui mi sono formato io attorno al 1980, quando durante le lezioni venivano proiettate fotografie per lo più in bianco e nero attraverso diapositive. Oggi possiamo mostrare a lezione dettagli di opere d'arte prima impensabili, possiamo usufruire di strumenti didattici come presentazioni, capaci di offrire una vasta possibilità di confronti, di relazione testo-immagine, di accostamenti nella medesima immagine di opere d'arte diverse mostrate in modo articolato. Naturalmente sta alla cultura e alla sensibilità del docente porre in una relazione serrata e chiara tutto questo. Costante però resta il principio base del nostro lavoro: insegnare sempre a esaminare, a ‘leggere' l'opera d'arte nella sua dimensione storica, nella sua concretezza materiale, nel suo specifico linguaggio; resta questa la lezione fondamentale di ieri e di oggi che rende unica la nostra materia e quindi il suo insegnamento. L'arte figurativa ha una sua lingua assolutamente non assimilabile a quella della letteratura (scrittura), a quella della musica o di altre forme espressive e questa lingua va imparata fin dai primi anni di studio universitario, tramite un esercizio che dovrebbe essere costante, così come quando si studia appunto una nuova lingua, diversa da quella che ci hanno insegnato fin dall'infanzia. La dimensione storica dell'opera, d'arte antica e moderna che sia, va ricostruita nel suo articolato contesto ed è questo l'atto fondamentale dello storico dell'arte, del docente che trasmette le prime nozioni di questa magnifica disciplina.
Quali sono oggi le prospettive di lavoro per un laureato in storia dell'arte?
Prospettive di lavoro per i giovani nel campo della storia dell'arte ci sono in quantità, o meglio ci sarebbero, se alle necessità anche le più urgenti venissero incontro risposte adeguate da parte di una classe politica e amministrativa che purtroppo è da sempre affetta da quella sorta di analfabetismo artistico di cui parlava nel lontano 1960 Roberto Longhi, il maggiore storico dell'arte del secolo da poco trascorso. E' a causa di questa miopia in genere della classe dirigente in Italia – parlo del nostro settore – se da anni e anni le risorse che dovrebbero essere devolute in abbondanza al patrimonio artistico, alla sua tutela alla sua piena conoscenza e fruizione (intendo evitare il termine oggi tanto di moda di valorizzazione), gli vengono invece sottratte, con riflessi negativi sul piano dell'occupazione giovanile, oltreché della stessa tutela delle opere d'arte, che sono sotto gli occhi di tutti. E' un fenomeno ormai cronico, questa sostanziale indifferenza verso il patrimonio artistico, (la cui conservazione è pure uno dei principi costituzionali fondamentali, sancito nell'articolo 9), talvolta guardata con una certa commiserazione dalle élite di altri paesi europei, che pure possiedono magari un patrimonio nettamente inferiore al nostro, ma per il quale impegnano spesso assai più risorse. Da noi nel migliore dei casi le opere d'arte vengono stimate sotto il profilo dell'attrattiva turistica e quindi della facile commercializzazione dell'immagine dei capolavori, senza cogliere il fatto che la nostra patria è rappresentata in modo tangibile proprio da questo patrimonio artistico diffuso in modo capillare appartenente a tutti noi: un patrimonio che è la principale risorsa culturale di appartenenza e di identità nazionale, che rende l'Italia un paese unico al mondo.
Detto questo, i laureati in storia dell'arte riescono a godere forse di maggiori spazi lavorativi, nonostante la situazione descritta sopra, rispetto ad altri loro coetanei usciti da corsi di studio umanistici, in un'epoca in cui nel mondo globalizzato domina il primato dell'economia: una fase quindi difficile per chi si occupa di altro e soprattutto di cultura artistica. Un laureato in storia dell'arte sulla carta può operare nelle soprintendenze, enti periferici del Ministero dei Beni Culturali, nei musei, nell'editoria d'arte, nel settore turistico come guida, oltreché nella scuola e nei ranghi universitari e accademici.
Quanto è importante la formazione per chi opera nel settore?
La formazione storico-artistica per chi opera nel settore del patrimonio artistico, dei musei e di altri centri culturali analoghi è basilare, ma talvolta sottovalutata da noi e dico questo con profondo rincrescimento. Prevale infatti l'idea che per governare bene un museo sia meglio giovarsi di un manager che non di uno storico dell'arte, meglio di un ‘comunicatore' che non di uno storico dell'arte, meglio di un semiologo che non di uno storico dell'arte. A ben guardare è la medesima mentalità che tende a prevalere, non solo da oggi, anche nel mondo della politica, dove si ritiene che sia meglio comunicare in modo efficace e seducente che non trasmettere contenuti concreti e chiari a favore del pubblico. Ma per tornare alla domanda, la formazione storico artistica, intesa nel senso che dicevo prima, è fondamentale per svolgere l'attività nel settore e credo che sia vicino il tempo in cui l'equivoco nel quale si è a lungo caduti e secondo il quale per guidare un museo il manager vale più dello storico dell'arte debba essere superato da una nuova presa di coscienza sempre più diffusa, visti soprattutto certi risultati non proprio esaltanti.
Parliamo della figura dell'artista. Com'è cambiata nel tempo e quali consigli darebbe a un giovane che sente di avere l'arte nel sangue?
Se dovessi dare un consiglio ad un giovane artista gli darei quello di acquisire una formazione umanistica completa e ampia perché la sua creatività potrà affinarsi, anche sotto il profilo tecnico, solo da una cultura profonda che lo renda più consapevole e sensibile; l'artista è un intellettuale in senso proprio, anzi nel senso più alto, e come tale deve porsi in modo cosciente e culturalmente fondato nella società in cui vive.