Il Telelavoro è una forma di rapporto lavorativo tra azienda e dipendente, che ha avuto un boom negli anni 2000: qualche giornalista affermò che questo sistema potesse affiancare o addirittura sostituire il rapporto di lavoro tradizionale.
Ad oggi, il Telelavoro non ha sicuramente acquisito la qualifica di "leader", ma è rilevante la quantità di aziende che negli ultimi anni ha offerto contratti di questo tipo.
Perché il Telelavoro?
Innanzitutto per il risparmio economico. Il telelavoro permette al lavoratore di svolgere la propria attività lontano dall'ufficio, attraverso l'utilizzo di pc e telefono: un modo quindi per risparmiare sui costi e sulle energie. Ma non solo! Se è vero infatti che l'azienda risparmia in termini di immobili e manutenzione, è vero anche che il lavoratore riduce le spese per il trasporto.
Secondo un rapporto della società Hays, inoltre, con il telelavoro - ed il "lavoro da remoto" in genere - aumenta del 60% la produttività.
Se in passato, però, a lavorare da casa erano soprattutto mamme, professionisti della comunicazione e free lance, ora il telelavoro ha conquistato manager, quadri e consulenti.
Per questo motivo, è risultato necessario un intervento legislativo che regolasse questi rapporti.
Il Jobs Act ha dunque previsto il Disegno di Legge 2233, con misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale (approvato dal Consiglio dei Ministri, nella seduta n. 102 del 28 gennaio 2016).
Il "papà" Telelavoro, quest'anno, ha lasciato spazio allo smartworking.
Cos'è lo smartworking?
Lo smartworking – o lavoro agile – è definito nel Ddl come «modalità flessibile di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato allo scopo di incrementare la produttività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro».
Una lunga e complessa descrizione, per illustrare le caratteristiche principali di un cambiamento radicale all'interno delle aziende italiane.
Lo smartworking consiste in un rapporto di lavoro che può essere svolto sia in ufficio che all'esterno e, per quanto riguarda le attività svolte fuori dall'ufficio, non è prevista una postazione fissa. Non è escluso, dunque, che un manager svolga le attività comodamente dal proprio divano!
Il Ddl prevede inoltre l'invarianza finanziaria: cosa significa? Stesso trattamento economico per i lavoratori agili, stessi incentivi e premi di produttività. Insomma, nessuna differenza tra smartworkers e lavoratori tradizionali.
Tratto distintivo e fondamentale dello smartworking – che secondo alcuni è il primo tassello di una nuova era - è il fatto che il dipendente non sia più valutato per il numero di ore che mette a disposizione dell'azienda. All'impresa non interessa più che si timbri il cartellino, ma che si garantisca il raggiungimento dei risultati.
È davvero l'inizio di una nuova era?
Nel 2015 il 17% delle società italiane ha avviato questo tipo di prestazioni, quasi il doppio rispetto al 2014 (Osservatorio smart working del Politecnico di Milano). Aziende come Barilla, Vodafone e L'Oreal hanno già concesso a migliaia di dipendenti di lavorare da tutto il mondo.
Una cosa è certa (e i dati lo confermano): lavorare da casa fa bene, poiché permette di conciliare vita privata e lavoro.
Se ti è piaciuto questo articolo, leggine altri sull'emeroteca di Educaweb, dedicati al mondo del lavoro e alla formazione!
Ad oggi, il Telelavoro non ha sicuramente acquisito la qualifica di "leader", ma è rilevante la quantità di aziende che negli ultimi anni ha offerto contratti di questo tipo.
Perché il Telelavoro?
Innanzitutto per il risparmio economico. Il telelavoro permette al lavoratore di svolgere la propria attività lontano dall'ufficio, attraverso l'utilizzo di pc e telefono: un modo quindi per risparmiare sui costi e sulle energie. Ma non solo! Se è vero infatti che l'azienda risparmia in termini di immobili e manutenzione, è vero anche che il lavoratore riduce le spese per il trasporto.
Secondo un rapporto della società Hays, inoltre, con il telelavoro - ed il "lavoro da remoto" in genere - aumenta del 60% la produttività.
Se in passato, però, a lavorare da casa erano soprattutto mamme, professionisti della comunicazione e free lance, ora il telelavoro ha conquistato manager, quadri e consulenti.
Per questo motivo, è risultato necessario un intervento legislativo che regolasse questi rapporti.
Il Jobs Act ha dunque previsto il Disegno di Legge 2233, con misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale (approvato dal Consiglio dei Ministri, nella seduta n. 102 del 28 gennaio 2016).
Il "papà" Telelavoro, quest'anno, ha lasciato spazio allo smartworking.
Cos'è lo smartworking?
Lo smartworking – o lavoro agile – è definito nel Ddl come «modalità flessibile di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato allo scopo di incrementare la produttività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro».
Una lunga e complessa descrizione, per illustrare le caratteristiche principali di un cambiamento radicale all'interno delle aziende italiane.
Lo smartworking consiste in un rapporto di lavoro che può essere svolto sia in ufficio che all'esterno e, per quanto riguarda le attività svolte fuori dall'ufficio, non è prevista una postazione fissa. Non è escluso, dunque, che un manager svolga le attività comodamente dal proprio divano!
Il Ddl prevede inoltre l'invarianza finanziaria: cosa significa? Stesso trattamento economico per i lavoratori agili, stessi incentivi e premi di produttività. Insomma, nessuna differenza tra smartworkers e lavoratori tradizionali.
Tratto distintivo e fondamentale dello smartworking – che secondo alcuni è il primo tassello di una nuova era - è il fatto che il dipendente non sia più valutato per il numero di ore che mette a disposizione dell'azienda. All'impresa non interessa più che si timbri il cartellino, ma che si garantisca il raggiungimento dei risultati.
È davvero l'inizio di una nuova era?
Nel 2015 il 17% delle società italiane ha avviato questo tipo di prestazioni, quasi il doppio rispetto al 2014 (Osservatorio smart working del Politecnico di Milano). Aziende come Barilla, Vodafone e L'Oreal hanno già concesso a migliaia di dipendenti di lavorare da tutto il mondo.
Una cosa è certa (e i dati lo confermano): lavorare da casa fa bene, poiché permette di conciliare vita privata e lavoro.
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