"La professione del Lobbista. Intervista al Dott. Antonio Iannamorelli Direttore Operativo di Reti"

Intervista

Il lobbying, ovvero l'attività di rappresentanza degli interessi di fronte ai soggetti istituzionali e della politica, è un'attività con una lunga tradizione, ma ancora oggi poco conosciuta e poco regolamentata in Italia.

  • 17/02/2017

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Redazione di Educaweb.it
Ne parliamo con Antonio Iannamorelli, uno dei massimi esperti in materia e Direttore Operativo di Reti, società di lobbying fondata nel 2011.
Iannamorelli ha iniziato la sua esperienza lavorativa nel Public Affair come Istitutional Affair Manager in Sanofi Pasteur MSD. Dal 2015 cura una rubrica-diario sull'attività di lobby su ilrottamatore.it.
In passato è stato capo dello staff del Sottosegretario di Stato alla Salute nel Governo Prodi II, Consigliere comunale di Sulmona (AQ), membro del Direttivo Nazionale dell'ANCI e del Consiglio Nazionale dell'Aiccre. Dal 2005 al 2008 è stato Consigliere di UNDIS S.p.A, multiutiliy del gruppo ENIA (oggi IREN) e membro dell'assemblea confederale di Confservizi.
Dal 2011, inoltre, è tra i docenti dei corsi di formazione organizzati da Running -società del gruppo Reti- dove segue i moduli di teorie e tecniche di lobbying e relazioni istituzionali.
                          
Nessuno più di Lui è qualificato per delineare quelle che sono le caratteristiche della professione del lobbista e le competenze necessarie per intraprendere questa carriera.

In cosa consiste l'attività di lobbying? Quali sono stati, se ci sono stati, i cambiamenti e gli sviluppi di questa professione negli anni? 
Lobbying è partecipare alle decisioni pubbliche di interesse generale, portando dentro quell'interesse, la posizione di un'azienda, di un'associazione, di una categoria, ma anche di un territorio o di una istituzione culturale. Esistono diverse fasi del nostro lavoro, l'analisi, la pianificazione delle azioni, la costruzione dei contenuti e la loro veicolazione nelle maniere più diverse. Per esempio negli ultimi anni cresce tantissimo l'esigenza di lavorare sui social media e sulle terze parti. Il lobbista ha come mission quella di orientare le opinioni dei decisori e da solo non può farlo. Non basta. Deve mettere in campo una strategia convergente, che io chiamo lobbying mix, fatta di diverse azioni e interazioni coordinate tra loro.
 
 
Quale percorso di studio consiglia ai giovani che vogliono intraprendere questa carriera? Ci sono dei corsi o master universitari che preparano in modo specifico alla professione di lobbista?   
Il Lobbista è un Gius-comunicatore. Deve saperne di diritto, perché deve avere confidenza col processo decisionale pubblico, e deve saper comunicare, capendo bene i nuovi media e le loro potenzialità di orientare le opinioni. Quindi io consiglio percorsi formativi "cross-issue" un pezzo sul diritto, un pezzo sulla comunicazione. Per chi ha una formazione universitaria non giuridica consiglio il master in Lobby della Luiss, diretto da Francesco Delzio. Per chi invece viene da una formazione più concentrata sulla parte pubblica, consiglio Comunicazione e Gestione dei Media di Tor Vergata, diretto da Simonetta Pattuglia. Suggerisco di integrare questi percorsi con una esperienza presso la nostra Running Academy, dove -con sessioni didattiche concentrate- forniamo un contatto pratico con il lavoro del Lobbista. Per esempio con il nostro corso "Comunicazione, lobby e politica", giunto alla trentesima edizione che eroga sei CFU.
 
 
Quali sono le principali caratteristiche e competenze che deve avere un lobbista? 
Come le ho detto il lobbista è un comunicatore che ha confidenza con i processi decisionali pubblici, sia nella forma, che nella sostanza. Ma innanzitutto deve essere una persona che ha una grande fiducia nello Stato e nel prossimo. Si tratta delle due "materie prime" della nostra "cucina" professionale. La politica, la legge le istituzioni; il dialogo, la visione d'insieme, le relazioni. Spesso i clienti che vengono da noi sono sfiduciati. Noi li dobbiamo innanzitutto convincere che, invece, vale la pena di aver fiducia. Perché solo portando "dentro" al processo decisionale le proprie istanze, si possono affrontare e risolvere le questioni che affliggono categorie e industry.
 
 
Secondo Lei l'attività di lobbying e public affair è in espansione? Quale prevede sia il futuro di questa professione? 
Lo è. Ci ha dato una grande mano la vittoria del No al Referendum: uno Stato più complicato ha bisogno di più "sherpa" per i soggetti che ne vogliono percorrere le strade impervie. E proprio per questo arrivano finalmente i riconoscimenti istituzionali, come il "regolamento Sereni" approvato alla Camera. Che tira una linea tra i professionisti seri e trasparenti ed i "faccendieri", facilitatori di terza categoria, che operano nell'ombra e che ora o emergono oppure non avranno più "mercato", perché la pubblica registrazione, che dà diritto all'accesso, è innanzitutto una certificazione di qualità. Solo chi ha qualità può mostrarsi. Chi non ce l'ha, deve giustificarsi.

Se sei interessato ad intraprendere un'attività di lobbying e public affair visita l'offerta formativa di Educaweb.it.