"I segreti della dermopigmentazione: intervista a Toni Belfatto"

Intervista

  • 26/05/2017

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Redazione di Educaweb.it
Può sembrare un'affermazione banale, ma sentirsi a proprio agio con l'immagine che vediamo riflessa nello specchio ogni mattina può realmente cambiare in meglio la qualità della nostra vita. Nel corso degli anni sono stati ideati i più svariati trattamenti per aiutare le persone a migliorare il proprio aspetto esteriore e, di conseguenza, ritrovare fiducia in loro stesse.
 
A questo proposito, ultimamente si sente parlare moltissimo della dermopigmentazione, una tecnica paramedicale utilizzata in ambito estetico-correttivo e ricostruttivo, attraverso la quale viene pigmentato lo strato più superficiale della pelle. La dermopigmentazione consente di correggere inestetismi cutanei di vario genere, come cicatrici derivanti da operazioni chirurgiche, ma è molto utilizzata anche per interventi puramente estetici, come il trucco permanente, o il rinfoltimento delle sopracciglia.
 
Leader indiscusso in questo campo è senza dubbio Toni Belfatto, dermopigmentista sperimentale originario della provincia di Chieti, la cui professionalità è nota a livello mondiale. Docente presso La Sapienza di Roma e l'Università di Ferrara, presidente dell'Associazione Italiana di Dermopigmentazione, nonché autore di numerose pubblicazioni sull'argomento, Toni Belfatto ha inventato e brevettato la tecnica della tricopigmentazione, un metodo innovativo per combattere gli inestetismi dovuti alla caduta dei capelli. Il suo ultimo progetto è il Belfatto Lab, una catena di centri di dermopigmentazione con sedi in Italia, ma anche in metropoli come Londra, Berlino, Parigi e Los Angeles.
 
 
Toni, tu professionalmente nasci come tatuatore. Cosa ti ha spinto a scegliere di dedicarti alla dermopigmentazione?
 
La bellezza ha sempre suscitato in me un fascino magnetico spingendomi, all'inizio, a diventare un tatuatore. Amavo trasformare tutto ciò che realizzavo su carta in qualcosa di vivo, sulla pelle. Ma nonostante tatuare mi appassionasse molto, tutto ciò che si protrae a lungo nel tempo tende ad annoiarmi e, oltre a questo, sono una persona d'indole estremamente curiosa. Così ho deciso di esplorare il campo del trucco permanente, per poi approdare alla dermopigmentazione paramedicale, e infine alla Tricopigmentazione.
 
La dermopigmentazione ha, per certi versi, molte caratteristiche comuni con l'arte del tatuare, ma di fatto non sono la stessa cosa. Quali sono i tratti che differenziano queste due discipline?
 
La dermopigmentazione è definibile come un'azione meccanica tramite la quale dei pigmenti monouso vengono spinti grazie a degli aghi non cavi all'interno del derma.
Questa tecnica può essere utilizzata per diversi scopi, e da qui nascono tutte le varie "sottocategorie" come, ad esempio, il trucco permanente, che consiste nella definizione delle arcate sopraccigliari, delle rime labiali e di quelle ciliari. Esiste poi la dermopigmentazione paramedicale, utilizzata per nascondere cicatrici dovute ad operazioni importanti come mastectomie, mastoplastiche o mastopessi, nonché per ridurre inestetismi cromatici della pelle, come ad esempio la vitiligine. Infine, nel 2007, ho inventato e brevettato la tricopigmentazione, grazie alla quale è possibile creare l'illusione ottica della presenza dei capelli laddove manchino, attraverso l'utilizzo di diverse tecniche applicative: bounce, short hair, dermatoppik.
Sono i pigmenti utilizzati che fanno la differenza: di origine chimico-sintetica, quindi indelebili, per il tatuaggio artistico, bioriassorbibili per trucco permanente, dermopigmentazione paramedicale e tricopigmentazione.
 
Ad oggi, quali sono gli interventi che più ti vengono richiesti? Le esigenze dei clienti sono cambiate, rispetto a quando hai iniziato questa professione?
 
Quando ho iniziato con il tatuaggio artistico mi capitava di soddisfare per lo più richieste che riguardavano l'ambito estetico; solitamente ci si tatua per ricordare un momento importante della propria vita, o una persona cara.
Con il trucco permanente ma ancor più con la dermopigmentazione  paramedicale e la tricopigmentazione, il tatuaggio assume una connotazione più nobile, perché le problematiche che portano un paziente ad optare per questa tipologia di intervento non sono solo di ordine estetico, ma sono a volte di ordine psicologico. E non a caso non parlo di clienti, ma di pazienti, persone che, in seguito ad operazioni chirurgiche si sono ritrovate a fare i conti con inestetismi fisici non trascurabili.
 
Qual è l'aspetto del tuo lavoro che trovi essere il più soddisfacente?
 
La cosa più affascinante del mio lavoro è proprio il non definire quello che faccio un lavoro.
Confucio diceva "Scegli un lavoro che ami, e non lavorerai nemmeno un giorno della tua vita". Ed è proprio quello che è successo a me. Sono riuscito a coniugare la mia passione profonda per la ricerca del bello con l'attività lavorativa, rendendola in tal modo sempre coinvolgente ed entusiasmante. Non ricordo di aver mai pensato "Domani non andrei al lavoro", e mi rendo conto di quanto io sia fortunato a poter affermare una cosa del genere.
 
A livello di percorso formativo, daresti dei consigli a quei giovani interessati ad intraprendere la carriera di dermopigmentista?
 
L'attività di dermopigmentista prevede una grande predisposizione artistica, estetica e visagistica, ma anche il rispetto assoluto delle condizioni igienico-sanitarie e legislative: i rischi annessi e connessi a questa pratica sono gli stessi di una qualsiasi sala operatoria. Chi vuole intraprendere questo tipo di percorso formativo deve scegliere una Scuola o Accademia di formazione nella quale i docenti non spendano parole, tempo ed energie ad insegnare semplicemente la  disposizione dei peli e dei tratti, ma che facciano capire agli studenti l'importanza di questo lavoro. È importante considerare che si ha la responsabilità non soltanto della salute fisica di un paziente, ma anche di quella psicologica.
L'Accademia deve garantire un percorso che dia la possibilità di verificare la predisposizione a questa arte e che permetta di sviluppare quella sensibilità necessaria per eseguire degli ottimi lavori. Consiglio agli studenti, inoltre, di ottenere anche una qualifica regionale riconosciuta che vada a tutelare la figura dell'operatore.
È veramente difficile riuscire in questo lavoro, ma molto peggio è non averci mai provato.